\ Il Mensile di Informazione \ Giugno 2001 \ Impresa e Salute

 

 

Rischi in azienda, è necessario classificarli

Le linee guida elaborate in occasione della conferenza dei presidenti delle Regioni e Province Autonome per redigere un corretto documento di valutazione. I rischi di natura infortunistica, quelli della salute e, da non sottovalutare, i rischi di tipo trasversale. Un esame del ciclo lavorativo ci consente di condurre un’analisi mirata per meglio identificare le sorgenti di rischio.

 

Nel precedente articolo abbiamo parlato della valutazione dei rischi come strumento utile per analizzare la presenza di situazioni pericolose nelle aziende e identificare le azioni necessarie per eliminare o ridurre quei pericoli capaci di arrecare danno ai lavoratori. Oggi vediamo in concreto in cosa consiste la valutazione dei rischi.

Chi deve valutare, controllare e gestire i rischi lavorativi in una azienda è principalmente il datore di lavoro, che, secondo la definizione data dall’art. 2 del D.Lgs., è : “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore, o comunque il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva, quale definita ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa.

La valutazione del rischio dovrà essere riportata su un documento cartaceo e le indicazioni, che da esso emergeranno, saranno necessarie a prevenire e/o proteggere i lavoratori da rischi di infortunio o malattia professionale. Come si procede? In prima battuta consiglio di seguire i suggerimenti delle linee guida per l’applicazione del D.Lgs. 626/94 del 16/07/96 elaborate in occasione della conferenza dei presidenti delle Regioni e Province Autonome.

Per redigere un corretto documento di valutazione occorre seguire le seguenti operazioni:

-          Identificare i fattori di rischio

-          Identificare i lavoratori esposti

-          Stimare l’entità dell’esposizione

-          Stimare la gravità degli effetti che ne possono derivare

-          Stimare la probabilità che tali effetti si possano manifestare

-          Verificare la disponibilità di misure tecniche, organizzative, procedurali, per eliminare o ridurre l’esposizione e/o il numero degli esposti

-          Verificare l’applicabilità di tali misure

-          Definire un piano per la messa in atto delle misure individuate

-          Verificare l’idoneità delle misure in atto

-          Redigere il documento

-          Definire i modi e i tempi per verificare e/o aggiornare la valutazione

Un buon sistema per poter identificare i rischi è quello di classificarli in base allo svolgimento delle attività lavorative. A tal proposito giova ricordare che i rischi lavorativi possono essere ordinati in tre macro aree.

 

1.       Rischi per la sicurezza dovuti a rischi di natura infortunistica

Il lavoratore può infortunarsi in maniera più o meno grave quando viene a contatto con strutture, macchine, impianti elettrici, mancanti di opportune dotazioni di sicurezza. Di seguito si forniscono alcuni esempi, che non dovranno essere ritenuti esaustivi.

Una struttura può essere pericolosa quando:

-          L’altezza dei soffitti non è regolare

-          Il numero delle porte e delle uscite  non è in numero sufficiente

-           Le  vie di emergenza sono ingombrate da materiale

-          gli ambienti non sono sufficientemente illuminati

-          i pavimenti sono scivolosi

 

Una macchina, un’attrezzatura  può essere pericolosa quando è sprovvista di:

-          protezioni sugli organi in movimento

-          sistemi di arresto di emergenza

Un impianto può essere pericoloso quando non è stato eseguito in conformità alle normative CEI e L. 46/90.

 

2.       Rischi per la salute

Essi sono dovuti alla presenza, negli ambienti di lavoro, di agenti inquinanti di tipo chimico ,fisico e biologico.

-          Il   rischio chimico è presente quando il lavoratore è esposto a sostanze aerodisperse, fumi, gas, polvere capaci di produrre alle persone  alterazioni croniche dei tessuti e/o delle mucose degli organi bersaglio, manifestazioni irritative ecc.

-          Il rischio fisico è rintracciabile nella  presenza di rumore proveniente dalle macchine , dalle attrezzature e dagli impianti.

-          il rischio biologico è presente quando il lavoratore è esposto a microrganismi che possono provocare infezioni, allergie o intossicazioni.

 

3.        Rischi di tipo trasversale

Essi sono individuabili in una  non perfetta organizzazione del lavoro. I lavoratori, in tali circostanze, possono subire condizioni di sofferenza psicologica derivante da conflitti con i colleghi, impossibilità di sopportazioni di turni di lavoro stressanti oppure da modalità di lavoro disagevoli, in particolar modo quando si movimentano di continuo carichi  che possono comportare rischio di lesione dorso-lombare.

Insomma, è opinione diffusa che, una volta ordinati e classificati i rischi, è più facile procedere alla identificazione dei fattori di rischio. Per questo  tale fase meglio si completa se è preceduta da una descrizione del ciclo lavorativo ovvero da una descrizione :

-          del luogo e quindi dei reparti ove si svolge il processo produttivo;

-          del personale impiegato in ciascuna fase di processo;

-          delle attrezzature, i macchinare, gli impianti impiegati dai lavoratori;

-          le modalità di lavoro.

L’esame del ciclo lavorativo ci consente di condurre una analisi più attenta e mirata ad identificare le sorgenti di rischio.

Quando i pericoli saranno oggettivamente riconosciuti , il datore di lavoro dovrà stabilire in che grado e con quali probabilità questi possono causare danni alla persona. Il modo più appropriato, per condurre una simile stima, è quello di ripercorrere la storia infortunistica aziendale, cioè verificando il registro degli infortuni, per accertare se vi siano stati incidenti o malattie causate da un determinato macchinario, impianto, sostanza, metodo di lavoro. E ancora , far riferimento ai dati statistici degli infortuni e delle malattie riportati su ricerche  e studi di enti istituzionali come l’INAIL .Sarà, comunque, l’esperienza del Datore di lavoro, sentiti anche i lavoratori,  gli esperti esterni, a stabilire in ultima analisi quali sono i rischi da dover eliminare o ridurre.

Addivenuto ad una concreta identificazione dei rischi occorre determinare,poi, quanti e quali sono i lavoratori esposti a quei rischi. La loro identificazione consentirà di stabilire, per ciascuno di loro, un adeguato programma di prevenzione e protezione che consisterà nel sottoporli a sorveglianza sanitaria e  nel formarli e informarli sui rischi e sulle procedure da seguire per contrastarli.

Seguendo le indicazioni delle linee guida della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle province autonome, i passi successivi da compiere, per redigere un documento di valutazione, sono:la stima dell’entità dell’esposizione ai pericoli e la stima della gravità e della probabilità degli effetti conseguenti.

La stima da esposizione può essere condotta attraverso l’impiego di appositi strumenti come un fonometro, per stabilire se vi è presenza di rumore, un analizzatore d’aria, per stabilire la presenza o meno di agenti chimici, un  misuratore di terra per controllare se l’impianto di messa a terra è funzionante oppure mediante ispezioni visive, per accertare lo stato di usura di una attrezzatura, l’efficienza di un elemento strutturale di un edificio ecc. In generale, i controlli strumentali e  quelli visivi ci permettono di stabilire se l’agente nocivo, le situazioni  di lavoro , i fattori di  rischio in genere , presenti negli ambienti di lavoro, tenuto conto della frequenza e della durata dell’esposizione del lavoratore  ai quei fattori rischiosi, superi la soglia di tollerabilità o i valori limiti  stabiliti da studi  e ricerche tecnico-scientifiche nel settore dell’ igiene industriale. In realtà, il non superamento di valori limite consentirebbe di accertare il rispetto della sicurezza dei lavoratori negli ambienti di lavoro. Allorquando si è accertata la presenza di rischi , il datore di lavoro dovrà procedere alla valutazione del danno che la persona esposta può subire da quel rischio considerato. Per dare un valore all’entità del danno, in genere, si adotta la seguente classificazione:

a.                   danno lieve, corrisponde ad una patologia o infortunio che non prevede interruzioni di lavoro 

b.                   danno medio-basso,  infortunio di modesta entità con possibile interruzione di lavoro

c.                   danno medio-alto, infortunio grave che comporta una inabilità temporanea al lavoro

d.                   danno grave, infortunio caratterizzato da danno permanente e inabilità permanente a svolgere quella mansione.

L’entità del rischio è data anche da un altro elemento ovvero la frequenza  o probabilità con cui si verifica l’evento dannoso. La Probabilità del verificarsi di un danno viene anch’essa espressa in una serie di giudizi :

e.                   Probabilità molto bassa

f.                    Probabilità bassa

g.                   Probabilità media

h.                   Probabilità alta.

L’indice di rischio, allora,  sarà determinato dal prodotto dei due fattori: conseguenza del danno e Probabilità.Tale indice può essere espresso mediante la seguente formula R=PxD, dove R rappresenta l’indice di rischio, P la probabilità che ci si possa far male, D l’entità del danno. Più elevato sarà il prodotto dei due fattori maggiore sarà l’entità del rischio.

Solo a questo punto si possono programmare gli interventi di prevenzione che possono essere così sintetizzati.

-          .eliminazione del rischio;

-          riduzione del rischio alla fonte;

-          sostituire ciò che è pericoloso con ciò che non lo è;

-          rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;

-          privilegiare le misure collettive  piuttosto che quelle individuali;

-          limitare al minimo il numero dei lavoratori che sono o che possono essere esposti al rischio;

-          utilizzo limitato di agenti chimici, fisici, biologici sui luoghi di lavoro;

-          controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;

-          uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;

-          informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro;

-          regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti.

Per quanto riguarda la definizione dei tempi per la messa a punto degli interventi di prevenzione e protezione  individuati occorre far riferimento alla gravità del rischio:  più esso è alto minore dovrà essere  il tempo impiegato per eliminare o ridurre il rischio.

Gianluca De Lauso

www.ecomy.com

info@ecomy.com